Come organizzare eventi nel tuo ristorante e massimizzare le prenotazioni (senza stress)
Come organizzare eventi nel tuo ristorante
e massimizzare le prenotazioni (senza stress)
Come organizzare eventi nel tuo ristorante
e massimizzare le prenotazioni (senza stress)
Come organizzare eventi nel tuo ristorante e massimizzare le prenotazioni (senza stress)
La comunicazione nel ristorante: quando aiuta davvero l’esperienza (e quando la rovina)
Marketing

La comunicazione con i clienti è parte del servizio. Esempi reali di errori, eccessi e silenzi che influenzano l’esperienza nel ristorante.
Indice contenuti
Comunicare con i clienti è parte del servizio
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
Quando la comunicazione diventa controproducente
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Conclusione
Comunicare con i clienti è parte del servizio (anche quando non te ne accorgi)
In molti ristoranti la comunicazione con i clienti viene considerata un dettaglio.
Qualcosa che “si fa quando c’è tempo”, che non riguarda davvero il servizio, ma sta ai margini del lavoro quotidiano.
In realtà, molte esperienze negative non nascono in sala, ma prima ancora che il cliente si sieda al tavolo.
E quasi sempre hanno a che fare con una comunicazione assente, confusa o fuori tempo.
Nel 2026, comunicare non significa “scrivere di più”.
Significa guidare il cliente nei momenti giusti, senza creare frizioni inutili.
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
1. Prenotazione fatta, ma il cliente arriva già in dubbio
Succede spesso: il cliente prenota online o via messaggio, poi non riceve nulla.
Nessuna conferma chiara, nessuna informazione aggiuntiva.
Arriva al ristorante e la prima frase è:
“Ho prenotato, ma non so se è andata a buon fine.”
Il servizio non è ancora iniziato, ma l’esperienza è già partita con un’incertezza.
Non è un problema di accoglienza, è un problema di comunicazione prima dell’arrivo.
Una semplice conferma automatica, chiara e coerente con la prenotazione, avrebbe evitato tutto questo.
2. Cliente in ritardo, tavolo bloccato, sala sotto pressione
Sabato sera.
Un tavolo prenotato per le 20:30 non arriva. Alle 20:45 è ancora vuoto, mentre fuori c’è gente che chiede disponibilità.
Lo staff è costretto a decidere “a sensazione”: tenere il tavolo, liberarlo, chiamare il cliente, aspettare ancora?
Spesso il problema non è il ritardo, ma la mancanza di comunicazione prima.
Un reminder inviato al momento giusto avrebbe chiarito tutto: conferma, ritardo segnalato, tavolo riorganizzato.
Qui la comunicazione non è marketing: è gestione della sala.
3. Cliente soddisfatto che sparisce senza lasciare traccia
La cena è andata bene.
Il cliente paga, saluta, ringrazia. Tutto sembra perfetto.
Poi non torna più.
Nessun messaggio, nessun contatto, nessun seguito.
Il ristorante non ha modo di chiudere l’esperienza, né di capire se quel cliente tornerà.
In questo caso non comunicare significa interrompere il rapporto nel momento più sbagliato: quando il cliente è ancora coinvolto emotivamente.
Un messaggio semplice, inviato dopo la visita, non per vendere ma per chiudere il cerchio, cambia completamente la percezione.
Quando la comunicazione diventa controproducente
Se il silenzio crea incertezza, l’eccesso di comunicazione crea rumore.
E nel ristorante moderno questo rumore è spesso sottovalutato.
Molti locali, nel tentativo di “fare le cose per bene”, finiscono per comunicare troppo o nel modo sbagliato. Il risultato non è maggiore attenzione, ma l’effetto opposto: il cliente smette di leggere, ignora i messaggi o li percepisce come invasivi.
L’esempio perfetto sono le comunicazioni fuori contesto.
Messaggi promozionali inviati il giorno prima di una prenotazione già confermata, offerte generiche mandate a clienti che hanno appena cenato, comunicazioni standardizzate che non tengono conto del tipo di visita o del rapporto con il locale.
In questi casi il cliente non si sente seguito, ma interrotto.
Il problema non è l’automazione, né la tecnologia.
È l’assenza di una regia. Quando i messaggi non sono collegati a ciò che accade davvero nel ristorante, diventano rumore.
Una buona comunicazione non riempie spazi: li rispetta.
Arriva una volta sola, nel momento giusto, con un contenuto chiaro e coerente con l’esperienza del cliente.
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Questi esempi hanno una cosa in comune: non richiedono testi brillanti, promozioni o campagne.
Richiedono tempismo e contesto.
Il problema nasce quando la comunicazione:
dipende dalla memoria dello staff
viene fatta solo se “c’è tempo”
non è collegata a ciò che succede davvero in sala
In questi casi, o si comunica troppo tardi, o non si comunica affatto.
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Nei ristoranti dove la comunicazione funziona davvero, non è affidata all’improvvisazione.
È collegata a eventi precisi: una prenotazione confermata, un orario che si avvicina, una visita appena conclusa.
Quando questi passaggi sono strutturati, la comunicazione smette di rubare tempo.
Non va più “ricordata”. Succede e basta.
Ed è qui che sistemi integrati come Plateform fanno la differenza: perché collegano prenotazioni, orari, clienti e messaggi in un unico flusso coerente.
Non per comunicare di più, ma per comunicare meglio, solo quando serve.
Conclusione
Il ristorante che comunica troppo e quello che non comunica affatto spesso hanno lo stesso problema:
la comunicazione non è stata pensata come parte del servizio.
Nel 2026, comunicare bene significa:
evitare dubbi prima dell’arrivo
ridurre tensioni durante il servizio
non spezzare la relazione dopo la visita
Quando la comunicazione segue il ritmo reale del ristorante, il servizio diventa più fluido, la sala più gestibile e il cliente più sereno.
Ed è in questi dettagli, apparentemente invisibili, che si costruisce un’esperienza che funziona davvero.
Vuoi vedere come rendere la comunicazione più semplice e concreta nel tuo ristorante?
Puoi richiedere una demo gratuita di Plateform per capire come gestire conferme, reminder e messaggi in modo ordinato, collegato alla sala e coerente con il lavoro quotidiano del tuo locale.
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Marketing

La comunicazione con i clienti è parte del servizio. Esempi reali di errori, eccessi e silenzi che influenzano l’esperienza nel ristorante.
Indice contenuti
Comunicare con i clienti è parte del servizio
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
Quando la comunicazione diventa controproducente
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Conclusione
Comunicare con i clienti è parte del servizio (anche quando non te ne accorgi)
In molti ristoranti la comunicazione con i clienti viene considerata un dettaglio.
Qualcosa che “si fa quando c’è tempo”, che non riguarda davvero il servizio, ma sta ai margini del lavoro quotidiano.
In realtà, molte esperienze negative non nascono in sala, ma prima ancora che il cliente si sieda al tavolo.
E quasi sempre hanno a che fare con una comunicazione assente, confusa o fuori tempo.
Nel 2026, comunicare non significa “scrivere di più”.
Significa guidare il cliente nei momenti giusti, senza creare frizioni inutili.
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
1. Prenotazione fatta, ma il cliente arriva già in dubbio
Succede spesso: il cliente prenota online o via messaggio, poi non riceve nulla.
Nessuna conferma chiara, nessuna informazione aggiuntiva.
Arriva al ristorante e la prima frase è:
“Ho prenotato, ma non so se è andata a buon fine.”
Il servizio non è ancora iniziato, ma l’esperienza è già partita con un’incertezza.
Non è un problema di accoglienza, è un problema di comunicazione prima dell’arrivo.
Una semplice conferma automatica, chiara e coerente con la prenotazione, avrebbe evitato tutto questo.
2. Cliente in ritardo, tavolo bloccato, sala sotto pressione
Sabato sera.
Un tavolo prenotato per le 20:30 non arriva. Alle 20:45 è ancora vuoto, mentre fuori c’è gente che chiede disponibilità.
Lo staff è costretto a decidere “a sensazione”: tenere il tavolo, liberarlo, chiamare il cliente, aspettare ancora?
Spesso il problema non è il ritardo, ma la mancanza di comunicazione prima.
Un reminder inviato al momento giusto avrebbe chiarito tutto: conferma, ritardo segnalato, tavolo riorganizzato.
Qui la comunicazione non è marketing: è gestione della sala.
3. Cliente soddisfatto che sparisce senza lasciare traccia
La cena è andata bene.
Il cliente paga, saluta, ringrazia. Tutto sembra perfetto.
Poi non torna più.
Nessun messaggio, nessun contatto, nessun seguito.
Il ristorante non ha modo di chiudere l’esperienza, né di capire se quel cliente tornerà.
In questo caso non comunicare significa interrompere il rapporto nel momento più sbagliato: quando il cliente è ancora coinvolto emotivamente.
Un messaggio semplice, inviato dopo la visita, non per vendere ma per chiudere il cerchio, cambia completamente la percezione.
Quando la comunicazione diventa controproducente
Se il silenzio crea incertezza, l’eccesso di comunicazione crea rumore.
E nel ristorante moderno questo rumore è spesso sottovalutato.
Molti locali, nel tentativo di “fare le cose per bene”, finiscono per comunicare troppo o nel modo sbagliato. Il risultato non è maggiore attenzione, ma l’effetto opposto: il cliente smette di leggere, ignora i messaggi o li percepisce come invasivi.
L’esempio perfetto sono le comunicazioni fuori contesto.
Messaggi promozionali inviati il giorno prima di una prenotazione già confermata, offerte generiche mandate a clienti che hanno appena cenato, comunicazioni standardizzate che non tengono conto del tipo di visita o del rapporto con il locale.
In questi casi il cliente non si sente seguito, ma interrotto.
Il problema non è l’automazione, né la tecnologia.
È l’assenza di una regia. Quando i messaggi non sono collegati a ciò che accade davvero nel ristorante, diventano rumore.
Una buona comunicazione non riempie spazi: li rispetta.
Arriva una volta sola, nel momento giusto, con un contenuto chiaro e coerente con l’esperienza del cliente.
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Questi esempi hanno una cosa in comune: non richiedono testi brillanti, promozioni o campagne.
Richiedono tempismo e contesto.
Il problema nasce quando la comunicazione:
dipende dalla memoria dello staff
viene fatta solo se “c’è tempo”
non è collegata a ciò che succede davvero in sala
In questi casi, o si comunica troppo tardi, o non si comunica affatto.
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Nei ristoranti dove la comunicazione funziona davvero, non è affidata all’improvvisazione.
È collegata a eventi precisi: una prenotazione confermata, un orario che si avvicina, una visita appena conclusa.
Quando questi passaggi sono strutturati, la comunicazione smette di rubare tempo.
Non va più “ricordata”. Succede e basta.
Ed è qui che sistemi integrati come Plateform fanno la differenza: perché collegano prenotazioni, orari, clienti e messaggi in un unico flusso coerente.
Non per comunicare di più, ma per comunicare meglio, solo quando serve.
Conclusione
Il ristorante che comunica troppo e quello che non comunica affatto spesso hanno lo stesso problema:
la comunicazione non è stata pensata come parte del servizio.
Nel 2026, comunicare bene significa:
evitare dubbi prima dell’arrivo
ridurre tensioni durante il servizio
non spezzare la relazione dopo la visita
Quando la comunicazione segue il ritmo reale del ristorante, il servizio diventa più fluido, la sala più gestibile e il cliente più sereno.
Ed è in questi dettagli, apparentemente invisibili, che si costruisce un’esperienza che funziona davvero.
Vuoi vedere come rendere la comunicazione più semplice e concreta nel tuo ristorante?
Puoi richiedere una demo gratuita di Plateform per capire come gestire conferme, reminder e messaggi in modo ordinato, collegato alla sala e coerente con il lavoro quotidiano del tuo locale.
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Marketing

La comunicazione con i clienti è parte del servizio. Esempi reali di errori, eccessi e silenzi che influenzano l’esperienza nel ristorante.
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Comunicare con i clienti è parte del servizio
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
Quando la comunicazione diventa controproducente
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Conclusione
Comunicare con i clienti è parte del servizio (anche quando non te ne accorgi)
In molti ristoranti la comunicazione con i clienti viene considerata un dettaglio.
Qualcosa che “si fa quando c’è tempo”, che non riguarda davvero il servizio, ma sta ai margini del lavoro quotidiano.
In realtà, molte esperienze negative non nascono in sala, ma prima ancora che il cliente si sieda al tavolo.
E quasi sempre hanno a che fare con una comunicazione assente, confusa o fuori tempo.
Nel 2026, comunicare non significa “scrivere di più”.
Significa guidare il cliente nei momenti giusti, senza creare frizioni inutili.
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
1. Prenotazione fatta, ma il cliente arriva già in dubbio
Succede spesso: il cliente prenota online o via messaggio, poi non riceve nulla.
Nessuna conferma chiara, nessuna informazione aggiuntiva.
Arriva al ristorante e la prima frase è:
“Ho prenotato, ma non so se è andata a buon fine.”
Il servizio non è ancora iniziato, ma l’esperienza è già partita con un’incertezza.
Non è un problema di accoglienza, è un problema di comunicazione prima dell’arrivo.
Una semplice conferma automatica, chiara e coerente con la prenotazione, avrebbe evitato tutto questo.
2. Cliente in ritardo, tavolo bloccato, sala sotto pressione
Sabato sera.
Un tavolo prenotato per le 20:30 non arriva. Alle 20:45 è ancora vuoto, mentre fuori c’è gente che chiede disponibilità.
Lo staff è costretto a decidere “a sensazione”: tenere il tavolo, liberarlo, chiamare il cliente, aspettare ancora?
Spesso il problema non è il ritardo, ma la mancanza di comunicazione prima.
Un reminder inviato al momento giusto avrebbe chiarito tutto: conferma, ritardo segnalato, tavolo riorganizzato.
Qui la comunicazione non è marketing: è gestione della sala.
3. Cliente soddisfatto che sparisce senza lasciare traccia
La cena è andata bene.
Il cliente paga, saluta, ringrazia. Tutto sembra perfetto.
Poi non torna più.
Nessun messaggio, nessun contatto, nessun seguito.
Il ristorante non ha modo di chiudere l’esperienza, né di capire se quel cliente tornerà.
In questo caso non comunicare significa interrompere il rapporto nel momento più sbagliato: quando il cliente è ancora coinvolto emotivamente.
Un messaggio semplice, inviato dopo la visita, non per vendere ma per chiudere il cerchio, cambia completamente la percezione.
Quando la comunicazione diventa controproducente
Se il silenzio crea incertezza, l’eccesso di comunicazione crea rumore.
E nel ristorante moderno questo rumore è spesso sottovalutato.
Molti locali, nel tentativo di “fare le cose per bene”, finiscono per comunicare troppo o nel modo sbagliato. Il risultato non è maggiore attenzione, ma l’effetto opposto: il cliente smette di leggere, ignora i messaggi o li percepisce come invasivi.
L’esempio perfetto sono le comunicazioni fuori contesto.
Messaggi promozionali inviati il giorno prima di una prenotazione già confermata, offerte generiche mandate a clienti che hanno appena cenato, comunicazioni standardizzate che non tengono conto del tipo di visita o del rapporto con il locale.
In questi casi il cliente non si sente seguito, ma interrotto.
Il problema non è l’automazione, né la tecnologia.
È l’assenza di una regia. Quando i messaggi non sono collegati a ciò che accade davvero nel ristorante, diventano rumore.
Una buona comunicazione non riempie spazi: li rispetta.
Arriva una volta sola, nel momento giusto, con un contenuto chiaro e coerente con l’esperienza del cliente.
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Questi esempi hanno una cosa in comune: non richiedono testi brillanti, promozioni o campagne.
Richiedono tempismo e contesto.
Il problema nasce quando la comunicazione:
dipende dalla memoria dello staff
viene fatta solo se “c’è tempo”
non è collegata a ciò che succede davvero in sala
In questi casi, o si comunica troppo tardi, o non si comunica affatto.
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Nei ristoranti dove la comunicazione funziona davvero, non è affidata all’improvvisazione.
È collegata a eventi precisi: una prenotazione confermata, un orario che si avvicina, una visita appena conclusa.
Quando questi passaggi sono strutturati, la comunicazione smette di rubare tempo.
Non va più “ricordata”. Succede e basta.
Ed è qui che sistemi integrati come Plateform fanno la differenza: perché collegano prenotazioni, orari, clienti e messaggi in un unico flusso coerente.
Non per comunicare di più, ma per comunicare meglio, solo quando serve.
Conclusione
Il ristorante che comunica troppo e quello che non comunica affatto spesso hanno lo stesso problema:
la comunicazione non è stata pensata come parte del servizio.
Nel 2026, comunicare bene significa:
evitare dubbi prima dell’arrivo
ridurre tensioni durante il servizio
non spezzare la relazione dopo la visita
Quando la comunicazione segue il ritmo reale del ristorante, il servizio diventa più fluido, la sala più gestibile e il cliente più sereno.
Ed è in questi dettagli, apparentemente invisibili, che si costruisce un’esperienza che funziona davvero.
Vuoi vedere come rendere la comunicazione più semplice e concreta nel tuo ristorante?
Puoi richiedere una demo gratuita di Plateform per capire come gestire conferme, reminder e messaggi in modo ordinato, collegato alla sala e coerente con il lavoro quotidiano del tuo locale.
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La comunicazione con i clienti è parte del servizio. Esempi reali di errori, eccessi e silenzi che influenzano l’esperienza nel ristorante.
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Comunicare con i clienti è parte del servizio
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
Quando la comunicazione diventa controproducente
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Conclusione
Comunicare con i clienti è parte del servizio (anche quando non te ne accorgi)
In molti ristoranti la comunicazione con i clienti viene considerata un dettaglio.
Qualcosa che “si fa quando c’è tempo”, che non riguarda davvero il servizio, ma sta ai margini del lavoro quotidiano.
In realtà, molte esperienze negative non nascono in sala, ma prima ancora che il cliente si sieda al tavolo.
E quasi sempre hanno a che fare con una comunicazione assente, confusa o fuori tempo.
Nel 2026, comunicare non significa “scrivere di più”.
Significa guidare il cliente nei momenti giusti, senza creare frizioni inutili.
Tre situazioni reali che capitano ogni settimana
1. Prenotazione fatta, ma il cliente arriva già in dubbio
Succede spesso: il cliente prenota online o via messaggio, poi non riceve nulla.
Nessuna conferma chiara, nessuna informazione aggiuntiva.
Arriva al ristorante e la prima frase è:
“Ho prenotato, ma non so se è andata a buon fine.”
Il servizio non è ancora iniziato, ma l’esperienza è già partita con un’incertezza.
Non è un problema di accoglienza, è un problema di comunicazione prima dell’arrivo.
Una semplice conferma automatica, chiara e coerente con la prenotazione, avrebbe evitato tutto questo.
2. Cliente in ritardo, tavolo bloccato, sala sotto pressione
Sabato sera.
Un tavolo prenotato per le 20:30 non arriva. Alle 20:45 è ancora vuoto, mentre fuori c’è gente che chiede disponibilità.
Lo staff è costretto a decidere “a sensazione”: tenere il tavolo, liberarlo, chiamare il cliente, aspettare ancora?
Spesso il problema non è il ritardo, ma la mancanza di comunicazione prima.
Un reminder inviato al momento giusto avrebbe chiarito tutto: conferma, ritardo segnalato, tavolo riorganizzato.
Qui la comunicazione non è marketing: è gestione della sala.
3. Cliente soddisfatto che sparisce senza lasciare traccia
La cena è andata bene.
Il cliente paga, saluta, ringrazia. Tutto sembra perfetto.
Poi non torna più.
Nessun messaggio, nessun contatto, nessun seguito.
Il ristorante non ha modo di chiudere l’esperienza, né di capire se quel cliente tornerà.
In questo caso non comunicare significa interrompere il rapporto nel momento più sbagliato: quando il cliente è ancora coinvolto emotivamente.
Un messaggio semplice, inviato dopo la visita, non per vendere ma per chiudere il cerchio, cambia completamente la percezione.
Quando la comunicazione diventa controproducente
Se il silenzio crea incertezza, l’eccesso di comunicazione crea rumore.
E nel ristorante moderno questo rumore è spesso sottovalutato.
Molti locali, nel tentativo di “fare le cose per bene”, finiscono per comunicare troppo o nel modo sbagliato. Il risultato non è maggiore attenzione, ma l’effetto opposto: il cliente smette di leggere, ignora i messaggi o li percepisce come invasivi.
L’esempio perfetto sono le comunicazioni fuori contesto.
Messaggi promozionali inviati il giorno prima di una prenotazione già confermata, offerte generiche mandate a clienti che hanno appena cenato, comunicazioni standardizzate che non tengono conto del tipo di visita o del rapporto con il locale.
In questi casi il cliente non si sente seguito, ma interrotto.
Il problema non è l’automazione, né la tecnologia.
È l’assenza di una regia. Quando i messaggi non sono collegati a ciò che accade davvero nel ristorante, diventano rumore.
Una buona comunicazione non riempie spazi: li rispetta.
Arriva una volta sola, nel momento giusto, con un contenuto chiaro e coerente con l’esperienza del cliente.
Il punto non è scrivere: è sapere quando farlo
Questi esempi hanno una cosa in comune: non richiedono testi brillanti, promozioni o campagne.
Richiedono tempismo e contesto.
Il problema nasce quando la comunicazione:
dipende dalla memoria dello staff
viene fatta solo se “c’è tempo”
non è collegata a ciò che succede davvero in sala
In questi casi, o si comunica troppo tardi, o non si comunica affatto.
Quando la comunicazione diventa un processo (e non un peso)
Nei ristoranti dove la comunicazione funziona davvero, non è affidata all’improvvisazione.
È collegata a eventi precisi: una prenotazione confermata, un orario che si avvicina, una visita appena conclusa.
Quando questi passaggi sono strutturati, la comunicazione smette di rubare tempo.
Non va più “ricordata”. Succede e basta.
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Non per comunicare di più, ma per comunicare meglio, solo quando serve.
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la comunicazione non è stata pensata come parte del servizio.
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